ConfimpreseItalia è stata al tavolo della Commissione Europea, nella sede della Rappresentanza nel nostro Paese, dove è stata illustrata una prima valutazione degli esperti di ECFIN e che sarà al centro delle considerazioni politico-economiche che nei prossimi mesi saranno stilate a Bruxelles. Questo è il report sul documento di lavoro dei servizi della Commissione, che naturalmente non rappresenta e non anticipa la posizione della Commissione, ma che è assolutamente un primo atto concreto di riflessione degli analisti e destinato a creare le fondamenta del rapporto che riguarda il nostro Paese. Va considerato come tale, anche se non può essere considerato la ‘Bibbia’ quanto alle considerazioni finali della Commissione.
Ipotesi di relazione relativa all’Italia nel 2016
Come detto il lavoro illustrato oggi è solo una costola, forse però la più importante, di quel che riguarda l’Italia e segue l’analisi annuale della crescita pubblicata dalla Commissione il 26 novembre dello scorso anno. In quel periodo si raccomandavano tre priorità di politica economica e sociale: rilanciare gli investimenti, proseguire le riforme strutturali per modernizzare le economie degli Stati membri ed attuare politiche di bilancio responsabili. Parallelamente a questa analisi la Commissione ha anche pubblicato la relazione sul cosiddetto meccanismo di allerta, individuando nel nostro Paese, uno di quelli in cui è assolutamente necessario disporre un ulteriore esame di approfondimento.
Scoppio della crisi e dinamiche italiane
Nel decennio precedente la crisi – si legge nella sintesi del Report diffuso venerdì mattina – il potenziale di crescita dell’Italia è stato considerevolmente limitato da alcune debolezze strutturali profondamente radicate: la crescita annua del Pil reale italiano attestata in media all’1,5%, ossia 2/3 di punto percentuale al di sotto della media euro, soprattutto a causa della modesta produttività locale dei fattori, l’elevato rapporto debito pubblico/Pil e il saldo negativo, e in peggioramento, delle partite correnti, che hanno limitato ulteriormente la capacità dell’economia italiana di resistere agli shock economici avversi”.
La crisi ha rappresentato una partenza problematica
“Nonostante le considerevoli misure adottate a livello nazionale ed europeo, fino al 2014 l’economia ha continuato a contrarsi. Nel 2015 il Pil reale dell’Italia è tornato ai livelli dei primi anni 2000, mentre il Pil della zone Euro era superiore a quei livelli di oltre il 10%. Gli investimenti – fanno sapere gli spin doctor di Bruxelles- hanno registrato una drastica flessione, in media più accentuata che nel resto della zona euro. La disoccupazione e la disoccupazione di lunga durata, hanno registrato un forte aumento, mentre la produttività totale dei fattori ha continuato a scendere e il tasso di partecipazione è rimasto tra i più bassi dell’Ue. Si è dunque di conseguenza allargato il divario che separa la crescita potenziale dell’Italia dal resto della zona Euro. Nel 2014 – fanno ancora sapere gli analisti- il rapporto debito pubblico/Pil è salito oltre il 130% dal 100% registrato nel 2007. Le quote italiane del marcato delle esportazioni sono scese considerevolmente fino al 2009, senza che la competitività migliorasse negli anni successivi, anche a causa della reattività lenta di prezzi e salari agli shock economici. Sebbene il settore fionanziario abbia dimostrato una relativa resilienza durante la crisi finanziaria mondiale, la prolungata recessione, ha causato un accumulo di uno stock considerevole di crediti deteriorati, indebolendo la capacità delle banche di sostenere la ripresa”.
La ripresa nel 2016-17, anche se i rischi di turbolenze ci sono ancora
Modesta espansione dell’attività economica nel 2015, che dovrebbe rafforzarsi nel 2016 e nel 2017. E’ chiaro che la maggiore positività è scandita dalle migliori condizioni di finanziamento, dalla maggiore fiducia, da un orientamento di bilancio propizio alla crescita, dalle migliori prospettive del mercato del lavoro e dai bassi prezzi del petrolio. Anche in questo caso però, la ripresa dell’Italia è più debole rispetto a questo si registra in area Euro ed è comunque sposta a rischi di revisione al ribasso. Sulle prospettive pesano in particolare il rallentamento sui mercati emergenti e le recenti turbolenze sui mercati finanziari.
Debolezze strutturali un freno a mano per l’Italia
La crescita della produttività continua a trascinarsi, a causa soprattutto del persistere di ostacoli strutturali all’allocazione efficiente delle risorse nell’economia. La crescita fiacca che ne consegue, complica il percorso verso la riduzione dell’elevato debito pubblico e il recupero della competitività. L’elevato debito pubblico, continua a sua volta, a penalizzare la performance economica dell’Italia e ad esporre il Paese a shock esterni.
Riforme del mercato del lavoro
Gli analisti della Commissione fanno anche una riflessione sulla riforma del mercato del lavoro e giudicano i provvedimenti varati dal Governo importanti. “Sono state riformate le istituzioni in profondità e i primi dati indicano un effetto positivo sull’economia che verrebbe amplificato da una riforma della contrattazione collettiva. La nuova normativa sui contratti a tempo indeterminato e gli sgravi fiscali per le nuove assunzioni stanno avendo un primo effetto positivo sulla creazione di posti di lavoro e sul dualismo. Continuano però a preoccupare la disoccupazione di lunga durata, il rischio di esclusione dal mercato del lavoro che pesa sui giovani e la bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro”. Detto tutto questo gli esperti della Commissione emettono una parziale sentenza: “La riforma delle politiche attive del mercato del lavoro potrebbe rivelarsi di difficile attuazione. La riforma procede lentamente e reta limitata la diffusione della contrattazione a livello aziendale”.
La centralità dell’Italia nell’area Euro è fonte di potenziali ricadute sugli altri Stati membri
Altro elemento cardine dell’anticipazione ‘parziale’ del prossimo Rapporto è quella legata alla centralità dell’Italia nell’area Euro che, secondo gli analisti della Commissione potrebbe essere fonte di ricadute su gran parte degli Stati membri. “Mentre la ripresa italiana risente – scrivono gli spin doctor- dell’influenza di condizioni esterne. La ripresa modesta e le debolezze strutturali del Paese influiscono negativamente sulla ripresa e sul potenziale di crescita dell’Europa. Le dimensioni e le fitte connessioni commerciali e finanziarie che caratterizzano l’economia italiana, implicano che il suo stato può avere conseguenze di rilievo per le altre economie dell’Ue. Allo stesso tempo la domanda esterna e l’andamento dell’inflazione sono di primaria importanza per la ripresa dell’economia italiana, per gli sforzi di riduzione del rapporto debito/Pil e per il ritorno alla competitività”.
Riflessioni anche sul sistema fiscale che ostacola l’efficienza economica e la crescita
“Nel 2014 – scrivono gli analisti della Commissione- il rapporto gettito fiscale(/Pil dell’Italia era tra i più elevati della Ue, anche a causa del costo del servizio del debito pubblico. La pressione fiscale e diretta maggiormente sui fattori produttivi rispetto ad altri Stati membri, con possibili ripercussioni negative sulla crescita. L’abolizione dell’imposta sulla prima casa acuisce il problema. Attesa già da tempo, la revisione delle agevolazioni fiscali e dei valori catastali, ha subito un ulteriore rinvio, mentre i frequenti cambiamenti di rotta della politica fiscale, aumentano l’incertezza per gli operatori economici. Il sistema fiscale è complesso e la bassa percentuale degli adempimenti degli obblighi tributari, aumenta ulteriormente l’onere gravante su imprese e famiglie”.
Gli ostacoli alla concorrenza
“Il contesto imprenditoriale risente degli ostacoli alla concorrenza che ancora persistono e dall’elevato onere amministrativo”. Gli analisti della Commissione auspicano “provvedimenti di liberalizzazione del mercato, che tuttavia non elimineranno rilevanti ostacoli alla concorrenza in settori importanti quali commercio al dettaglio, servizi professionali, servizi pubblici locali e trasporti. Fare impresa in Italia –concludono provocatoriamente- è nettamente più difficile che nelle altre grandi economie dell’Ue e negli ultimi anni i progressi sono stati solo modesti”.
Elevato rapporto debito pubblico –Pil
“L’elevato rapporto, debito pubblico/Pil, secondo i tecnici di ECFIN, unito al deterioramento della competitività e della crescita, continua ad essere fonte di vulnerabilità per l’economia”. Secondo le stime dei tecnici della Commissione “dopo aver toccato il tetto massimo del 133% nel 2015, dovrebbe diminuire nel 2016 e nel 2017, grazie alla prevista ripresa, associata a un ulteriore taglio del tasso d’interesse sul debito. L’avanzo primario strutturale, dovrebbe tuttavia peggiorare, rallentando il ritmo di riduzione del debito sottostante, Inoltre i piani di privatizzazione dovrebbero subire ritardi”.
Bassa crescita e basso tasso d’inflazione rallenta la ripresa della competitività di costo
“Il contesto di bassa crescita e di basso tasso d’inflazione, rallenta la ripresa della competitività di costo. Dal 2010 l’Italia ha nel complesso stabilizzato le sue quote del mercato delle esportazioni, dopo aver registrato ingenti perdite negli anni precedenti. La crescita salariale è rallentata, ma l’attuale contesto di bassissima inflazione e la persistente debolezza della crescita della produttività frenano l’adeguamento del costo del lavoro per unità di prodotto rispetto ad altri paesi della zona euro. La Competitività dell’Italia, continuano i tecnici di ECFIN, risente inoltre della specializzazione merceologica del Paese e dell’elevata percentuale di piccole imprese con posizione debole sui mercati internazionali”.
La riforma del settore pubblico
“E’ in atto una riforma del settore pubblico per superarne le annose inefficienze. In attesa dell’attuazione della legge delega per la riforma della pubblica amministrazione, scrivono i tecnici della Commissione, le inefficienze strutturali del settore pubblico continuano a rallentare l’attuazione delle riforme e a scoraggiare gli investimenti, oltre ad offrire opportunità di acquisizioni di rendita, ad esempio negli appalti pubblici. Riguardo al sistema giudiziario, anche dopo i provvedimenti approvati di recente, permangono le grandi sfide della durata dei procedimenti e dell’elevato numero di cause civili e commerciali pendenti. La corruzione rimane un grave problema e i termini di prescrizione restano un ostacolo contro di essa”.
Scuola e riforme
“E’ in corso la riforma della scuola, ma gli investimenti nell’istruzione terziaria, in R&S e nelle comunicazioni a banda larga restano relativamente bassi. Il tasso di istruzione terziaria nella fascia d’età 30-40 anni è tra i più bassi dell’Ue, al pari livello delle competenze di base della popolazione adulta. Il basso tasso di capitale umano rispecchia il basso rendimento dell’istruzione e delle competenze sul mercato del lavoro, in particolare per i giovani. Grazie al miglioramento qualitativo della scuola, la riforma mira a completare la riforma del mercato del lavoro, offrendo maggiori possibilità ai giovani che hanno studiato”.
“In Italia, continuano i tecnici della Commissione, la spesa dell’Istruzione terziaria e in ricerca è bassa, in particolare nel settore privato, e la collaborazione tra università ed imprese non è ottimale. Nonostante gli sforzi del 2015 la copertura dell’infrastruttura di comunicazione a banda larga di nuova generazione è tra le più basse dell’Unione”.
Frammentazione dei Servizi Sociali
“I Servizi Sociali sono troppo frammentati per poter affrontare con efficacia le conseguenze sociali della crisi. Nel 2014 la percentuale delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale era del 28,3% in leggero calo dal 28,5% del 2013. Il tasso resta comunque superiore ai livelli pre-crisi (25,5%nel 2008) e non evidenzia progressi verso il conseguimento dell’obiettivo di riduzione della povertà fissato da Europa 2020. La prestazione dei servizi sociali e frammentata e presenta profonde disparità regionali; manca un regime di reddito minimo. Alcuni provvedimenti in programma, come la strategia nazionale contro la povertà, concludono gli analisti di ECFIN, potrebbero gettare le basi di un quadro integrato delle politiche sociali.
Sacche di vulnerabilità nel settore bancario
“Nel settore bancario sono in corso importanti riforme, ma persistono sacche di vulnerabilità. Si sta affrontando il problema delle carenze presenti da lunga data nel governo societario delle banche, a sostegno della capacità del settore bancario di allocare le riforme in modo più efficiente. Sono stati annunciati di recente interventi di sostegno dello sviluppo di un mercato privato per le operazioni in crediti deteriorati, che dovrebbero contribuire a ridurne nel tempo il consistente stock e migliorare la capacità delle banche italiane di sostenere l’economia. La recente risoluzione di quattro piccole banche italiane, con le perdite che ha comportato per i detentori di obbligazioni subordinate, rivela il persistere di alcune vulnerabilità”
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